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Il tempo della Resurrezione. Mai come quest’anno alla vigilia della “fase 2”, dell’allentamento delle misure di distanziamento e della ripresa, attesa e temuta, i cinquanta giorni che separano dalla Pentecoste e che il calendario liturgico chiama “Tempo di Pasqua” hanno un valore così profondamente spirituale ed insieme umano.
Nel mezzo di un’emergenza epocale che segnerà un’intera generazione, la dimensione personale, tratteggiata da speranze ansie e dolore, che si intreccia con quella sociale, fatta di relazioni impegno e lavoro.
Le richiama entrambe, mons. Franco Giulio Brambilla, nella sua omelia di Pasqua, in una narrazione della pagina evangelica del sepolcro vuoto dove entrambe si intrecciano e si fondono, rispecchiandosi quasi in una metafora nella scena dove il discepolo amato arriva prima al margine della tomba, ma si ferma per aspettare Pietro: la spinta «dell’amore e della contemplazione» che corre più veloce, ma che ha bisogno del «ministero», della ragione e del fare, per vedere e capire.

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E allora l’augurio e la speranza che questi giorni siano una vera «esplosione della Resurrezione», non può che avere una sottolineatura fortissima ed essenziale: non si potrà risorgere se non «tutti insieme».
Anzitutto, dice il vescovo, «risorga la famiglia», che deve fare tesoro «di tutta le difficoltà e delle cose belle vissute in questa Quaresima. Una di queste sere, mettetevi a raccontare cosa avete imparato. Scrivete di questi giorni su un diario. Una pagina “segreta” da tra qualche anno».
Poi uno sguardo ai «corpi intermedi», quella feconda e ricchissima realtà fatta sul nostro territorio di centinaia di associazioni, gruppi e movimenti.

«Saranno giorni che avranno bisogno del contributo di tutti senza gelosie, senza voglia di primeggiare, tutti insieme darci una mano far risorgere le nostre città».
Ed infine è proprio la “Città”, la società nel suo insieme che è chiamata a rialzarsi: «tutta la nostra terra: Novara, il Vco, la Valsesia… Questo territorio fatto di 18 valli dai laghi, la pianura bellissima. Dovremo risorgere in questa Città e in questa Italia ricordandoci non di ciò che ci divide ma ciò che ci unisce. La Resurrezione ci dice è che c’è un punto più alto di unità, di convergenza di cambiamento della nostra vita e della storia del mondo».
La Storia e le storie di tutti davanti al sepolcro vuoto. Le persone, le famiglie, la società civile e l’intero Paese di fronte a giorni di incognite e timori. Ma con una certezza, che è salda anche per chi non crede, perché dalla fede, ancora una volta, guarda al mondo con gli occhi della ragione e della concretezza che vede e tocca il cambiamento che quel fatto accaduto in Palestina 2000 anni fa ha portato con sé.
«A volte mi sorprendo a pensare cosa sarebbe stato il mondo senza Resurrezione. Di certo sarebbe stato un mondo diverso».