La spiritualità e l’insegnamento di Anna Maria Canopi in un nuovo libro

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madre anna maria canopi (foto sr. m. raphael) - 22 marzo 2019
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Chi ha avuto il privilegio di uno sguardo, una parola o la mano tesa da Madre Anna Maria Canopi, non potrà mai dimenticare quell’attimo. Fuggente, ma intenso, di una interiorità che scava e lascia traccia. L’Abbadessa dell’abbazia Mater Ecclesiae sull’Isola di San Giulio d’Orta, scomparsa nel 2019, sapeva donare di queste emozioni. Di solito i “beneficiati” le serbano senza divulgarle, per pudore e sapienza acquisita.

Ma in qualche circostanza sono sfuggite al silenzio. Per fortuna. Viceversa nessuno all’esterno mai avrebbe potuto percepire appieno la grandezza di questa donna votata all’amore per Dio e l’umanità. Roberto Cutaia, giornalista e scrittore, segretario nazionale degli Ascritti rosminiani e Matteo Albergante, insegnante di discipline letterarie e, a sua volta, giornalista, hanno curato il volume “Anna Canopi, madre per sempre, badessa, mistica e poetessa” (per l’edizione di La fontana di Siloe), affidandosi a coloro che – per caso o con intenzione – si sono avvicinati alla Badessa. Ne è scaturita una testimonianza a più mani, con profili diversi ma legati da un filo conduttore. La narrazione di incontri e dialoghi hanno stigmatizzato quei momenti, esaltando la grandezza di Madre Anna Maria senza mai scalfirne l’umiltà. “E’ per dar voce al desiderio espresso da numerosi testimoni di condividere i tesori e le gioie che hanno mutuato dalla maternità spirituale della madre che è nata questa nuova pubblicazione” scrivono i curatori. Sapeva stupire e stupirsi, la “Madre per sempre”, come quella notte di luna piena, quando scrisse una delle ultime poesie. Lei, inferma, davanti alla finestra per ammirare quello spettacolo sul lago.

“Una notte di luna piena” s’intitola l’introduzione, a firma del vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla: “Il testo che la Madre ha scritto in quella notte è attraversato dal suo spirito d’infanzia, a lungo coltivato”. E monsignor Antonio Staglianò, vescovo di Noto: “Di lei mi colpivano la capacità comunicativa e la luminosità del suo sguardo che nasceva da un cuore innamorato senza misura per il Signore e per i fratelli…”.

Quello sguardo emerge dal racconto di Laura Travaini, scrittrice del lago d’Orta, presidente di “Scrittori e Sapori” e inventrice del format culturale “Parole Chiave”: “Sedevamo attorno al tavolo della sala di San Bernardo. Mi chiedeva di raccontarle l’affollamento degli impegni in cui sempre mi ritrovavo invischiata. Io spiegavo, lei ascoltava silenziosa e sorridente. Dopo, quando prendeva a parlare, la seguivo incantata. Raffinata e profonda indagatrice di anime, indicava e confermava la via da percorrere. Percepiva anche i miei non detti”. A lei si sono accostati anche i giornalisti. Come Vito Cioce, della Rai che scrive: “Ero emozionato. La sua semplicità mi conquistò, i suoi occhi sapevano vedere lontano e in profondità. Ascoltò il mio racconto senza giudicarmi, anzi riuscì a darmi una grande forza…”. E Bruno Quaranta: “Lo sguardo di madre Canopi ha un respiro settecentesco, evocando gli occhi bassi di santa Chiara nella tela di Giuseppe Antonio Petrini. Come se intendesse, fortissimamente, professare il ‘non so’. Mentre le appartiene la salvifica conoscenza”.