Beppe Bergomi oggi ad Arona e Bogogno per il libro “Bella zio”: intervista al nostro giornale

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Beppe Bergomi oggi ad Arona e Bogogno per il libro
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Un campione d’altri tempi. Uno dei difensori più forti della propria generazione, che vanta un campionato del mondo vinto con la nazionale a “Spagna 82” e un terzo posto ai mondiali di “Italia 90”. E’ stato capitano e bandiera dell’Inter vincendo scudetti e coppe internazionali. Combattivo e determinato su ogni pallone, Giuseppe Bergomi si è guadagnato l’apprezzamento degli avversari per la sua sportività e professionalità. Un simbolo non solo per tutti gli interisti. Alla libreria Feltrinelli di Arona parlerà venerdì 13 alle 18 (con un secondo incontro alle 21 a Bogogno) del libro che lo racconta, “Bella zio”, insieme allo scrittore Andrea Vitali. Un bel libro che racconta l’Italia degli anni ‘60 e ‘70, la sua infanzia e adolescenza in una famiglia semplice e unita, lui «secondo di due», tra la scuola dalle suore e l’oratorio, e nel quale del famoso “Beppe, passa” dice: «in squadra percepisci la sintonia e la forza del gruppo quando ogni tuo compagno ha un soprannime o un abbreviativo: diventa come un’investitura cavalleresca prima di scendere in campo». Dunque Giuseppe Bergomi si racconta? In passato me lo avevano chiesto ma ho sempre detto di no: da quando ho smesso, pur rimanendo attivamente nel mondo del calcio, volevo dedicarmi ad altre cose. L’incontro con Andrea (Vitali, ndr) è stato determinante in tal senso. E’ la mia storia da 0 a 18 anni, fatta di sacrifici, fatica, della vita in Oratorio e alcuni aneddoti sui provini svolti prima di vincere il campionato del mondo. La vita che avevo da adolescente, insomma. Vitali è stato bravo a raccogliere tutto questo e a farne un libro. Cosa ne pensa dei calciatori di oggi? Non è affatto vero che sono superficiali. In molti che hanno smesso per esempio solo poco tempo fa, stanno portando avanti i loro progetti con varie fondazioni. Si pensi agli Zanetti, ai Maldini, ai Gattuso o ai Cordoba, solo per citarne alcuni. Quando giocavo io forse c’era maggiore attaccamento della gente. Ma penso che alla fine il calcio di oggi ancora ci appassiona e torneremo presto ad essere competitivi a livello internazionale. Magari ripartendo proprio dai tanto “decantati” settori giovanili… Il settore giovanile è fondamentale lo vedo quando alleno i ragazzi dell’Accademia Inter. Dobbiamo dare loro i giusti valori per farli crescere. Non esistono più i giocatori bandiera come me? E’ un calcio diverso quello di oggi; i giovani si devono imporre e non è certo semplice. Dobbiamo essere bravi e dare tempo al tempo. Il nostro movimento deve aver ben chiara una cosa: bisogna avere il talento e il coraggio di farli giocare. Se capiremo questo, vorrà dire che saremo sulla strada giusta. Tatticamente è cambiato molto il calcio dai tempi di Giuseppe Bergomi? In questo momento senz’altro abbiamo un calcio maggiormente difensivo, dove spesso le difese prevalgono sui reparti avanzati. Forse si curano di più altre cose. Per esempio io a 14 anni quando ero all’Inter la tecnica l’avevo già acquisita. Oggi le scuole calcio curano tanto la parte motoria e la coordinazione. E poi in generale in Italia abbiamo un tipo di mentalità diverso. Può farci degli esempi? Proprio per il discorso che facevo in precedenza in Italia un calciatore di 24 anni è considerato ancora giovane. In Olanda oppure in Francia no. Dobbiamo avere pazienza e fare giocare i giocatori nei loro ruoli. A livello di nazionale Roberto Mancini a mio avviso è il commissario tecnico giusto in questo momento. Io ho fiducia in tutto il movimento e penso che tutti noi italiani dobbiamo averla. A livello di club abbiamo dato segnali importanti di ripresa e stiamo facendo bene. Diamo tempo al Ct di lavorare. Se ritroveremo il classico numero “10” (quello che attualmente ci manca) e avremo la pazienza di coltivare il talento, torneremo competitivi. Andrea Paleari