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Coronavirus. In cosa si imbatte chi circola fuori casa senza giustificazione? Il parere del legale

In questi giorni di emergenza legata al diffondersi del Coronavirus e alle precauzioni, alle prescrizioni e ai provvedimenti adottati e richiesti nell’ambito del Decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) una questione sta suscitando molti interrogativi tra la gente. I cittadini si chiedono, infatti, a che cosa va incontro chi circola fuori casa senza una comprovata giustificazione. Non perché vogliano uscire senza una chiara motivazione, ma perché, spesso, non si conoscono bene le ragioni per cui è concesso spostarsi e non si conoscono bene le normative contenute nel primo decreto-legge del febbraio scorso e poi “specificate” dai successivi Dpcm. Molti sono coloro che hanno anche incertezze sul come redigere la propria autocertificazione.
 
Abbiamo chiesto cosa potrebbe accadere a chi fosse fermato fuori casa senza una motivazione reputata idonea dalle Forza dell’Ordine all’avvocato Antonio Costa Barbé del Foro di Novara.
 
Cosa avviene in questo caso?
«Il decreto Legge del 23 febbraio 2020, numero 6 – spiega il legale – ha menzionato esclusivamente la possibile violazione di cui articolo 650 del codice penale, ossia “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità, per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, *se il fatto non costituisce un più grave reato*, con l’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro”. Le autorità addette ai controlli, quindi – prosegue Costa Barbé – al momento elevano un verbale con i dati per l’identificazione del cittadino; l’elezione di domicilio da lui fatta; la nomina dell’avvocato (d’ufficio o di fiducia). Successivamente trasmetteranno il verbale alla competente Procura della Repubblica, accompagnato da un rapporto che illustra i motivi per cui il cittadino non avrebbe giustificato la propria circolazione».
 
C’è da pagare subito un’ammenda?
 
«No – spiega l’avvocato Costa Barbé – Non viene richiesto il pagamento immediato di alcuna somma di denaro, né del resto vengono consegnati alla persona fermata bollettini per il versamento. All’indagato – precisa il legale – sarà poi notificato solitamente un Decreto penale che conterrà la condanna a pagare la sola pena pecuniaria della ammenda (fino a 206 euro)».
 
Si può contestare questo decreto penale?
 
«Sì. Contro il decreto potrà essere proposta opposizione entro 15 giorni dalla notificazione, opposizione che potrà anche contenere domanda di oblazione (prevista dal nostro codice come causa di estinzione del reato limitatamente alle contravvenzioni, ndr). Se l’oblazione sarà concessa, pagando la metà del massimo dell’ammenda stabilita dalla legge, il tutto costituirà causa di estinzione del reato, e il casellario giudiziale richiesto da privati non riporterà l’iscrizione della primigenia condanna inflitta. I siti di importanza giuridica che ho consultato suggeriscono – aggiunge Costa Barbé – anche l’evenienza che il personale operante informi gli interessati delle più gravi conseguenze sul piano penale di un comportamento, anche solo colposo, non conforme alle previsioni del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri».
 
Vuol dire che è possibile incorrere in altri reati?
 
«Eh, sì! … Non può essere esclusa la sussistenza anche di altre ipotesi di reato, come quelle previste dall’articolo 452 del codice penale, ossia delitti colposi contro la salute pubblica. E’ proprio l’importantissima Direttiva  adottata dal Ministero dell’Interno e arrivata l’8 marzo 2020 ai Prefetti (https://www.interno.gov.it/sites/default/files/direttiva_ministro_interno_08032020.pdf ) a menzionare per la prima volta l’articolo 452, che, sotto la rubrica «Delitti colposi contro la salute pubblica», punisce “chiunque” commette, per colpa …. il reato di cui all’articolo 438 del codice penale, ossia il reato di epidemia mediante la diffusione di germi patogeni, stabilendo: a) la reclusione da tre a dodici anni se dal fatto deriva la morte di più persone; b) la reclusione da uno a cinque anni, per il solo fatto di aver colposamente diffuso l’epidemia. Al riguardo, la giurisprudenza ha indicato come elementi dell’epidemia (intesa come malattia contagiosa che colpisce ad un tempo stesso gli abitanti di una città o di una regione): il carattere contagioso del morbo; la rapidità della diffusione e la durata limitata del fenomeno; il numero elevato delle persone colpite, tale da destare un notevole allarme sociale e correlativo pericolo per un numero indeterminato e notevole di persone; un’estensione territoriale di una certa ampiezza, sì che risulti interessato un territorio abbastanza vasto da meritare il nome di regione e, di conseguenza, una comunità abbastanza numerosa da meritare il nome di popolazione».
 
Oltre agli articoli 650 e al 452 del codice penale c’è il rischio di incorrere in ulteriori reati?
 
«Per quanto non menzionato dalla Direttiva Ministeriale dell’8 marzo deve rilevarsi la possibilità di configurare anche un ulteriore reato, previsto dall’articolo 260, Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (meglio noto come Testo unico delle leggi sanitarie), che punisce con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da 40.000 a 800.000 lire (rapportate ora in euro) la condotta di chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo, prevedendosi un aumento della pena “se il fatto è commesso da persona che esercita una professione o un’arte sanitaria”. La giurisprudenza, in particolare, ha chiarito che tale norma, quando o sanziona l’inottemperanza agli ordini dati per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo, si riferisce non soltanto a situazioni di malattia in atto, ma altresì a situazioni di malattia già cessata e/o di malattia di cui si teme l’insorgenza, atteso che “impedire l’insorgenza” è espressione equipollente di quella “prevenire l’insorgenza” (Cass. pen. sez. VI, n. 8755 del 30/06/1978, D.P., CED Cass. 139556). Occorre qui concludere aggiungendo che l’applicazione delle più gravi sanzioni previste dall’articolo 438 non esclude l’applicazione congiunta delle meno gravi sanzioni previste dall’articolo 260, TULS. La giurisprudenza è sul punto chiara nell’affermare che la sussistenza delle ipotesi di cui all’articolo 452 non è esclusa dalle previsioni contravvenzionali di cui al Testo Unico delle norme sanitarie (R.D. 27 luglio 1934, n. 1265), stante la diversità oggettiva dei beni protetti. L’articolo 452, infatti, tende alla tutela della pubblica incolumità e, specificamente, della salute pubblica mentre le contravvenzioni previste dal Testo Unico citato attengono alla regolamentazione del servizio farmaceutico. Tra le ipotesi del codice penale e quelle della legislazione speciale, pertanto, è configurabile il concorso di reati (Cass. pen. sez. IV, n. 12265 del 12/12/1995, L., CED Cass. 203532)».
 
Molti si chiedono come compilare esattamente l’autocertificazione, perché, a volte, possono esserci anche due esigenze insieme (lavorative e situazioni di necessità nello stesso giorno. Come fare, dunque?
 
 
«Una soluzione che ho elaborato è quella di una compilazione “in progress” come si vede nella foto: un “flag” alle caselle che occorrono, e una aggiunta a mano a mano del giorno e dell’ora in cui si esce/ci si muove: una volta per motivi effettivi di lavoro, un’altra effettiva necessità e così via».
 
Monica Curino: