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In ricordo di Santa Gianna Berretta Molla

Anniversario della morte di Santa Gianna Berretta Molla lo scorso 28 aprile. Per gli ossolani è bello pensare che tra le montagne che la santa salì, per stare in stretto contatto con Dio, c’è anche la cima Iazzi una delle vette più famose del gruppo del Monte Rosa. Qualche informazione in merito la troviamo sulla rivista Ecclesia in cammino. Gianna ha amato la montagna e l’ha praticata assiduamente compiendo anche diverse ascensioni importanti nei gruppi del Bianco e del monte Rosa. Per molti anni iscritta al CAI di Magenta, attorno agli anni Cinquanta ha salito la Tour Ronde e la Cima Jazzi. Di quest’ultima ascensione la famiglia conserva una cartolina scritta da Macugnaga nel settembre del 1952, con la quale comunicava con entusiasmo la salita con la guida Giuseppe Oberto (che avrebbe poi partecipato alla spedizione del CAI al Gasherbrum IV). La firma  la firma di Gianna Beretta è presente sul libro del rifugio.

Nel 2004 quando Giovanni Paolo II  canonizzò  Gianna Beretta Molla in piazza San Pietro, Giuseppe Oberto scoprì una lapide nel cimitero di Chiesa Vecchia per ricordare il legame fra Macugnaga e Gianna Beretta.

Gianna  settima di otto figli, visse in una famiglia dalla profonda fede e amore per il Signore. Trasformava questo grande fervore in azione caritativa, operando nell’Azione Cattolica.

Si laureò in medicina con specializzazione in pediatria. Ma, lei curava tutti, specialmente le persone anziane e sole. Era convinta che toccare il corpo di un paziente, era toccare il corpo di Cristo. Nel 1955, sposò Pietro Molla, con cui visse una vita familiare impostata sulla tradizione religiosa della preghiera quotidiana. Ebbero tre figli. Gianna con semplicità riuscì a creare il giusto equilibrio tra i suoi doveri di madre, di moglie, di medico. E in questa sua nuova condizione di vita lavorativa e familiare, si sentì sempre pienamente appagata. Ella amava tutte le cose belle come la musica, la pittura, le gite in montagna. Tutto viveva con gioia e serenità. Durante la quarta gravidanza scoprì di avere un fibroma all’utero e, alcuni giorni prima del parto, pur confidando nella Provvidenza, era pronta a donare la sua vita per salvare quella della sua creatura. Diede alla luce Gianna Emanuela, mentre per lei iniziò il calvario della sua passione, unita a Gesù che raggiunse in poche ore. La sua scelta fu dettata dalla sua coscienza di madre e di medico e può essere compresa solo alla luce della sua grande fede, della sua convinzione del diritto sacro alla vita, dell’eroismo dell’amore materno e della fiducia nel Signore.

Mary Borri: