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E’ allarme per il gorgonzola: il virus fa crollare il mercato

Si pensava che l’agroalimentare fosse settore in controtendenza rispetto ai danni subiti dall’economia, l’unico indispensabile in grado di reggere. Invece i primi contraccolpi duri si fanno sentire.

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Dopo il florovivaismo e il vino, un altro comparto d’eccellenza del Novarese è stato colpito: il gorgonzola. Vendite in picchiata, caseifici che resistono malgrado tutto, ma non per molto se continuassero pandemia e restrizioni. In realtà è tutto il lattiero-caseario d’Italia a soffrirne, e il Gorgonzola Dop è fra i prodotti che più risentono perchè lo storico erborinato, che ormai ha sfondato il tetto dei cinque milioni di forme, è un formaggio non a lunga conservazione e fatica a entrare nel carrello della spesa dei consumatori che puntano a grandi panieri con scadenze prolungate. Non solo: il blocco delle frontiere rende più complicato l’export, che nei periodi di normalità interessa quasi due milioni di forme.
Il presidente del Consorzio di Tutela, Renato Invernizzi, lancia l’allarme e invita gli allevatori a contenere la produzione di latte. In altre parole: a mettere a dieta le mucche. Una situazione para- dossale, che tuttavia fotografa bene il difficile momento. “Siamo in grave sofferenza. Alcuni associati hanno già lamentato una perdita di oltre il 65 per cento delle vendite. Nonostante qualche azienda riesca ancora a contenere i danni con le programmazioni, il futuro si prospetta difficile, anche nei supermercati, dove il contingentamento degli ingressi non permette che gli acquisti compensino i numeri negativi della ristorazione e dei grossisti. La modalità privilegiata, inoltre, è quella del prodotto preconfezionato a discapito del banco ta- glio, chiuso in alcuni punti vendita. Dall’ultima settimana di marzo abbiamo avuto i primi segnali negativi anche sul fronte dell’export, a causa del blocco adottato sia da paesi europei sia extraeuropei. Per la logistica desti- nata all’estero ci scontriamo con le frontiere chiuse e i provvedi- menti restrittivi adottati praticamente ovunque riguarda la circolazione di mezzi e persone. Mediamente si stima che le imprese aderenti al Consorzio abbiano subito un calo di vendite attorno al 31% ma con punte sino al 90%. Tutte finora stanno resi- stendo anche sotto il profilo del mantenimento occupazionale, ricorrendo a ferie forzate”.

Igor Gorgonzola, l’azienda leader del settore, ha riconosciuto ai dipendenti che in questo periodo continuano a svolgere le loro mansioni, con tutti i presidi protettivi, un premio di 300 euro: «Il loro coraggio e la loro passione – dice Fabio Leonardi, amministratore delegato – in questo momento di disorientamento socia- le sono fondamentali per la continuità della filiera produttiva. Il latte di tutte le nostre aziende agricole è stato raccolto al 100% e questo sarà garantito anche per la prossima campagna».

Un altro caseificio, la Latteria Sociale di Cameri, presieduta da Fiorenzo Rossino, a sua volta sta resistendo bene: «Abbiamo registrato una diminuzione del 15%, ma tutto sommato reggiamo. All’inizio della pandemia c’è stato qualche problema per l’export verso il Giappone. Poi siamo riusciti ad aggirare gli ostacoli ricorrendo a un canale diverso, via Parigi- Francoforte-Tokyo».

Ma non per tutti è così. Ed è per questo che il presidente del Consorzio ha voluto lanciare un appello agli allevatori: «Meno gorgonzola venduto significa anche minor necessità di latte. Chiediamo di contenere i quantitativi». Questo significa mucche a dieta stretta, con possibilità di arrivare allo stadio della cosiddetta “asciutta”.

Se l’industria della trasformazione chiede di adottare comportamenti virtuosi, tali da ridurre la produzione tra il -10 e il -25 per cento, il mondo agricolo non è d’accordo. Sara Baudo, presi- dente di Coldiretti Novara e Verbano Cusio Ossola, lei stessa al- levatrice a Oleggio, ribatte: «Non è possibile scaricare sugli allevatori le difficoltà di questa crisi. Noi stiamo collaborando autoriducendo la produzione di un 3 per cento, di più non è possibile andare. Possiamo anticipare il periodo delle asciutte, ridurre la mungitura delle vacche a fine lattazione, alimentarle solo con foraggio (ma anche il prezzo della soia sta aumentando). Oltre no, impensabile ricorrere a farmaci. Potremmo provocare danni alle bovine che poi non produrrebbero più».

Intanto l’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Marco Protopapa, ha chiesto alla ministra delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, di intervenire e fornire un quadro delle importazioni di latte straniero che ogni giorno entra in Italia dalla Francia e da altri paesi europei a scapito dei nostri allevatori.

Gianfranco Quaglia

direttore di Agromagazine www.agromagazine.it

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