San Gaudenzio di coincidenze: 50 anni fa l’annuncio di Del Monte vescovo di Novara

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 Un san Gaudenzio di ricorrenze e coincidenze. È l’altra faccia di questa patronale, che da un lato invita tutti a guardare al futuro – con l’accorato appello del vescovo Franco Giulio ad essere «Vicino ai giovani» – dall’altro porta la memoria a ripercorrere il cammino percorso. I suoi dieci anni di episcopato novarese, ma anche un altro anniversario più lontano, eppure indimenticato dai tanti che allora erano presenti e che hanno vissuto quella stagione.

Il 22 gennaio del 1972, al termine della messa pontificale, in una basilica gremita di fedeli, il vicario capitolare e vescovo ausiliare mons. Vittorio Piola dava l’annuncio della nomina di Aldo Del Monte – allora amministratore apostolico di Acqui – a vescovo di Novara; successore di mons. Cambiaghi, che si era dimesso il 30 ottobre dell’anno precedente per motivi di salute.

«Ho avuto l’onore di dare, per ordine della Santa Sede – scriveva Piola sul nostro giornale di allora –, comunicazione al Capitolo ed alla diocesi, sabato 22 gennaio festa del nostro primo vescovo san Gaudenzio. Nella Basilica del Santo, gremita di clero, autorità e fedeli, l’annunzio al termine della solenne celebrazione, ha suscitato uno spontaneo applauso. Era il segno di una attesa giunta al suo compimento e di un vivo, corale consenso derivante nell’animo di molti da una conoscenza diretta o indiretta, della persona destinata ad essere padre e pastore nella diocesi novarese».

Iniziava così il lungo tratto di cammino “novarese” del vescovo Aldo, che guidò la diocesi sino al 1990, ma che qui – a Massino Visconti – continuò a vivere sino al 2005, anno della sua scomparsa.

 Fu il vescovo del Concilio. Lui, che assistette da semplice sacerdote  ai lavori come procuratore del suo vescovo allora malato, fu un pastore impegnato per tutto il suo episcopato nell’impostazione di una pastorale che sapesse essere specchio della svolta ecclesiale del Vaticano II, culminato con il XX Sinodo diocesano. Una missione che diede il senso all’intero suo operare da vescovo e che lascia ancora oggi una eredità viva nel cuore della Chiesa novarese.