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Si poteva vincere il confronto con i Talebani ma investendo in ospedali e scuole, non in armi

Non è facile scrivere qualcosa sull’Afghanistan oggi. Non mi era facile scrivere di Sarajevo o di Baghdad, dove pure avevo incontrato persone poi diventate amiche. Da Kabul, così scrivevo per Famiglia Cristiana in occasione del mio viaggio nel Paese nel 2011: “A Kabul piove. La cosa è abbastanza rara. Curiosa. E la pioggia rende ancora più surreale l’arrivo in Afghanistan a 10 anni dall’attentato alle Torri Gemelle, con una delegazione promossa dalla Tavola della pace con l’associazione americana dei familiari delle vittime. Una delegazione per esprimere prima di tutto un forte gesto di solidarietà con il popolo afghano e rendere omaggio alle vittime della guerra e del terrorismo”.

E oggi? Abbiamo visto dissolversi in pochi giorni quanto proclamato e a volte celebrato con enfasi, in questi ultimi 20 anni. Sotto la guida Usa, oltre 40 Paesi, compresa l’Italia, erano presenti con una missione di guerra (anche se chiamata… di pace). Abbiamo avuto ancora la tragica conferma che la guerra non è mai la strada per risolvere nessun problema. Anzi. Ritornano alla mente le parole di Paolo VI all’ONU, il 4 ottobre 1965: “Mai più la guerra!” e “Noi siamo esperti di umanità”. La strada che tutti dobbiamo ricercare oggi più che mai è proprio quella dell’umanità. Non sono un esperto politologo, né tantomeno economista. Ma sappiamo che alcuni collegano interessi mondiali a questa tragedia dell’Afghanistan, con Cina e Russia. Poi ci sono gli accordi, più o meno segreti, con Stati Uniti e la Cia. E poi ci sono i grandi interessi che ruotano intorno al mercato dell’oppio che, con la presenza della coalizione militare degli anni scorsi era addirittura aumentato. E non c’è bisogno di grandi analisti per ritenere che i Talebani siano molto interessati e coinvolti in questo traffico. Così come per le armi. A pagare sono sempre, ma proprio sempre, i più deboli, le donne, i bambini. Mi preoccupano molto quelli hanno sempre la risposta pronta in qualsiasi situazione. Giornalisti, opinionisti, politici… In questi giorni abbiamo visto e ascoltato le cose più assurde divulgate da grandi organi di informazione, anche bufale non verificate. Oppure interviste a chi ha sempre sostenuto la guerra in questi 20 anni e oggi si atteggia anche a maestro! Incurante delle vittime, di ieri e di oggi. La guerra in Afghanistan ha causato più di 70mila vittime. E con i miei occhi ho visto la mancanza di acqua, di scuole, di ambulatori, di ospedali (a parte quelli di Emergency o la Croce Rossa e pochi altri). Eppure solo l’Italia ha speso in Afghanistan circa 2 milioni di euro al giorno solo per la presenza militare. Se si fosse scelto di investire non in armi ma in strumenti di vita e salute, forse si poteva sperare di indebolire la forza e la ‘credibilità’ dei talebani, peraltro nati con il sostegno dell’Occidente. Invece abbiamo illuso tante persone e poi siamo fuggiti in quattro e quattr’otto. Lasciando a disposizione dei talebani anche tutte le armi, nostre. Come scrive Pax Christi International, è necessario avviare una “profonda riflessione sul fallimento della guerra e sulla necessità di investire in strumenti efficaci per costruire una pace giusta”. Ora nella confusione e nel dolore resta da fare il possibile: aiutare le persone, pensare a salvarne il più possibile con corridoi umanitari o altro. Senza però dimenticare che ci sono già migliaia di Afghani profughi, ad es. sulla rotta balcanica, ma nei loro confronti l’Europa erige muri, altro che accoglienza. E quando sarà passata l’onda emotiva? Come sarà la vita per le donne? E per tutti gli altri? Scrive Papa Francesco nella Fratelli Tutti: “Domandiamo alle vittime. Prestiamo attenzione ai profughi… alle donne che hanno perso i figli, ai bambini mutilati o privati della loro infanzia. Consideriamo la verità di queste vittime della violenza, guardiamo la realtà coi loro occhi e ascoltiamo i loro racconti col cuore aperto. Così potremo riconoscere l’abisso del male nel cuore della guerra e non ci turberà il fatto che ci trattino come ingenui perché abbiamo scelto la pace.” (FT, 261)

don Renato Sacco

Parroco di Cesara e Arola e coordinatore nazionale Pax Christi

 

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