Gli errori di un sistema preso in contropiede dalla pandemia

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Un anno di pandemia e di errori. Non si può rileggere il 2020 se non si ha l’onestà di ammettere che il mondo ha dimostrato tutta la sua impreparazione ad affrontare una sfida da cui dipende la sopravvivenza della specie umana. Per molto tempo si è discusso della pericolosità di una terza guerra mondiale, ragionando sulla corsa agli armamenti. Il Sars Cov 2 rischia di debellarci perché abbiamo disarmato la sanità pubblica.

I tagli apportati in tutto il mondo ad ospedali e medicina territoriale, in ossequio a un principio di razionalizzazione delle risorse finanziarie, sono stati il primo errore e la causa principale della nostra vulnerabilità. Va da sè che a valle della pandemia si avrà un reinvestimento nella sanità che potrebbe essere addirittura smodato e non pertinente. Il secondo errore plateale è stata la incompletezza della globalizzazione. Il processo di unione mondiale è stato costruito sulla liberalizzazione dei commerci ma non sulla condivisione dei beni comuni. Non si è fatto molto per la fame, non si è fatto molto per la sicurezza e non si è fatto molto neanche per la salute, al punto che quando si è appalesata una minaccia vera, come appunto il coronavirus, alcune Nazioni si sono chiuse a riccio e altre sono state lasciate sole. Nella storia della pandemia non esiste solo il comportamento omertoso della Cina, ma anche il blocco delle esportazioni dei grandi produttori di commodities. Se guardiamo all’ambito scientifico, la novità assoluta di questa situazione non basta a giustificare alcuni inciampi. Non parlo soltanto dei numerosi virologi da palcoscenico per i quali il Covid 19 era una banale influenza un giorno e una minaccia mortale il giorno successivo. Anche il governo non è stato all’altezza, quando ha imposto la sperimentazione di farmaci improbabili e non ha saputo trattare con le aziende farmaceutiche un corretto approvvigionamento di vaccini, tant’è che, per ragioni esclusivamente logistiche, in questo momento siamo in grave ritardo con il piano vaccinale, sia in Italia che in altri paesi. Lo stesso dicasi per il piano tamponi e per la iniziale carenza di dispositivi di protezione individuale, che hanno riempito le cronache del 2020. Merita una menzione speciale l’iniziativa di Bertolaso di costruire un nuovo ospedale Covid a Milano, mai realmente entrato in funzione. Sempre sul fronte della ricerca, è emblematico il caso dell’idrossiclorochina, prima accolta con entusiasmo poi bloccata per un sospetto, quindi riammessa ma senza alcun seguito… Vorrei concludere con l’attualità: l’insorgenza delle varianti del virus ha imposto all’agenda globale il tema delle mutazioni. Su questo argomento il governo Conte – e quindi lo stesso ministro Speranza – hanno dimostrato scarsa lungimiranza. La possibilità che il coronavirus potesse subire delle mutazioni è stata sempre occultata per paura che prevalesse un atteggiamento irresponsabile e alimentando un senso fatalistico e di rassegnazione. In realtà, chiunque abbia studiato microbiologia sa che ogni virus muta. Le mutazioni che abbiamo sotto gli occhi e che hanno portato a nuovi problemi, come la variante inglese, erano e sono inevitabili: averlo nascosto ha portato l’Italia a non investire in una rete di monitoraggio che altri – ad esempio il Regno Unito – hanno allestito dall’inizio del 2020 e che permette di fronteggiare questa minaccia, mentre il nostro Paese reagisce piuttosto alla cieca di fronte ad ogni cambiamento dello scenario di lotta.

Paolo Viana