Per la verità: possiamo piegarci di fronte a questo sistema scuola?

0
[bsa_pro_ad_space id=2]

Possiamo piegarci di fronte ad un sistema che non funziona? Possiamo protestare e almeno dire che secondo noi così non va? Perché – ad essere sinceri – la situazione è ben altro che <<tutto a posto, tranne alcuni piccoli errori in fase di risoluzione>>. A furia di rassicurare, la ministra dell’Istruzione, ha perso di vista la realtà dei fatti. Che è una sola: nelle scuole mancano gli insegnanti, diecimila soltanto in Piemonte, 215 mila in tutta Italia. Pazzesco. E questo è il vero problema. Possiamo parlare di post-emergenza, di Covid e via di questo passo ma la verità è che in tutti questi mesi non si è arrivati in tempo. E le scuole, in questi giorni, funzionano a ritmo ridotto con orari all’osso perché non c’è il personale nominato. Ci sono presidi che hanno quattro o cinque docenti su trenta. Per non parlare di come vengono trattati i precari (ossia, quelli che salvano ogni anno, da decenni, il mondo della scuola dal totale default), in questi giorni convocati un po’ via telematica, poi alcuni in presenza… altri ancora non hanno bene ancora cosa accadrà.

 
Ma, ci domandiamo, è davvero questa la scuola che vogliamo? Si dirà: funzionava cosi anche negli anni passati… purtroppo è vero: i ritardi ci sono sempre stati. E già questo grida vendetta al cospetto di Dio. Ma quest’anno, l’anno dove tutto avrebbe dovuto cominciare “al top”… l’anno in cui da viale Trastevere ci hanno assicurato (prendendoci in giro) che il primo settembre il personale sarebbe stato tutto in servizio… oggi ci parlano di “carenze strutturali”. Beh, forse sono state scoperte nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre. Fatto sta che, la verità – ed è questa – parla chiaro: non solo mancano banchi un po’ in tutta Italia (e servirebbero, a quanto pare, anche 20.000 aule) ma – alle cattedre scoperte – si aggiungono carenze per almeno 20.000 collaboratori scolastici. Dei 260.000 studenti con disabilità, poi, si occupano 150.000 docenti di cui solo due terzi titolari; gli altri sono supplenti che cambiano anche quattro volte nell’arco dell’anno scolastico (un trauma per i ragazzi ogni volta). E uno su cinque (circa 30.000) non è specializzato per insufficienza dei corsi di specializzazione.
 
Questa è la realtà della scuola statale. E ancora ci spacchiamo la testa nel concorsone, quando – avesse la ministra ascoltato le opposizioni – oggi il problema del precariato sarebbe in parte risolto.
 
Inutile girarci attorno: è il sistema che va cambiato. E questo avverrà solo se la politica ascolterà gli addetti al lavoro. Senza perdersi negli alvei della supponenza.