Parlare di pandemia in… dialetto valsesiano con don Roberto Collarini

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Non si dica più che i nostri sacerdoti mancano di senso dell’umorismo: ne è la prova la simpatica iniziativa del parroco di Varallo don Roberto Collarini, che qualche giorno fa ha pubblicato sulla sua pagina di Facebook un divertente dizionarietto italiano\inglese-dialetto dove i termini ormai d’uso comune legati all’emergenza sanitaria che stiamo da parecchi mesi attraversando vengono tradotti nello schietto vernacolo delle nostre belle montagne. In realtà, più che una traduzione parola per parola, il dialetto valsesiano se la cava in genere con delle perifrasi: ecco quindi ad esempio che “asintomatico” si traduce con “al ga gnenti” (letteralmente: “non ha nulla”), “positivo” con “l’è ciapàlu” (letteralmente: “l’ha preso”) e “dispnea” con “am manca l’fià” (letteralmente: “mi manca il respiro”). La sagacia di don Roberto non risparmia neanche i vari “esperti” che in televisione, alla radio o sui giornali prediligono utilizzare, chissà poi perchè, la lingua di Albione nelle loro dissertazioni: ecco allora che “smart working” diventa “lavora ‘n cà” (“lavora in casa”), “lock down” diventa “l’è tütt sarà” (“è tutto chiuso”) e “pre triage” diventa “speccia ch’it varduma” (“aspetta che ti visitiamo”). Infine anche un po’ di ironia sulla tanto discussa scelta della “messa a porte chiuse”, che si trasforma quasi in una specie di nuovo proverbio campagnolo con tanto di rima: “se la gesa l’è sarà scota la Mëssa ‘n cà”, ovvero: “se la chiesa è chiusa ascolta la messa in casa”.