Nel pomeriggio di oggi il vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla ha celebrato, in forma privata, una messa presso il cimitero cittadino per ricordare i morti della città e della diocesi per la Covid-19. A concelebrare la comunità dei frati cappuccini di San Nazzaro con il vicario generale della diocesi don Fausto Cossalter. Presenti anche il sindaco del capoluogo Alessandro Canelli e l’assessore Mauro Paganini.
«Ad avvio della “Fase 2” delle misure di contenimento della pandemia, preghiamo per coloro che sono mancati in queste giorni di isolamento – ha detto il vescovo –. Insieme ricordiamo le centinaia di famiglie e di amici che non hanno potuto dare loro l’ultimo saluto. Hanno espresso il loro dolore in privato e in privato hanno pregato. Ma non erano sole. Strette a loro c’erano l’intera comunità cristiana della nostra diocesi e l’intera comunità civile, che oggi è qui rappresentata dal sindaco di Novara. Ad accoglierli in questo cimitero e ad accogliere gli oltre cento morti arrivati da Bergamo nelle scorse settimane, il parroco della Bicocca don Andrea Mancini e poi, usciti dalla quarantena in cui pure loro erano confinati, i frati. A loro va la nostra gratitudine».
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E “Gratitudine” è stata proprio una delle tre parole, ispirate dalla prima lettura del giorno – un brano degli Atti -, che il vescovo ha voluto scegliere per dire di questo momento in cui il peggio sembra passato, ma ancora sul Paese e sulle persone gravano forti incognite. «Gratitudine – ha proseguito il vescovo – per medici e infermieri che hanno fronteggiato l’emergenza, lasciando sul campo tante vittime. Così come tanti sono stati i sacerdoti che questo male ha portato via. E poi gratitudine per i tanti che hanno contribuito in maniera silenziosa. Ad esempio gli insegnanti che con impegno e fatica sono riusciti a tenere aperta la scuola “a distanza”».
La seconda parola è stata “Fede”: «sulla quale abbiamo potuto forse riflettere nelle lunghe giornate chiusi in casa. Giornate per molti difficili e tragiche, che forse ci hanno aiutato a capire quanto la nostra vita di prima fosse sbilanciata “sull’aldiquà”, dimenticando di guardare oltre».
Ed infine l’approdo cui questo percorso porta: la “Speranza”. «Ma non una speranza a “buon mercato”. Una speranza fatta di consapevolezza, di attenzione agli altri, di responsabilità verso tutti».