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Addio a don Bosio, il vescovo: «come aver perso un figlio»

Di seguito pubblichiamo il ricordo di don Paolo Bosio, scomparso nella sera di mercoledì 22 a 46 anni, di mons. Franco Giulio Brambilla: una lettera idealmente indirizzata proprio a lui, carica di commozione e cordoglio.

 

Caro don Paolo,

il 3 aprile di un anno fa compivi quarantacinque anni. Nella tua comunità parrocchiale di Momo c’è stato chi voleva farti la sorpresa di un augurio un po’ speciale. Dopo un anno e venti giorni ci hai lasciato in punta di piedi. Hai lottato tanto con fede e devozione, tra paure e speranze. Ancora due giorni fa mi hai scritto un messaggino che implorava: “Chieda un miracolo! Vado a Re tutta la vita o dove c’è bisogno”. Nell’augurio di allora avevo scritto questo pensiero, che è stato confermato nel tuo slancio di offerta totale di pochi giorni fa.

«“Lampada per i miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino” (Sal 119,105). La vita di un sacerdote è rischiarata dalla luce che lo accompagna come una lampada passo dopo passo. Un giorno andò dall’Arcivescovo di Parigi un ragazzo che l’aveva sentito predicare che la “fede è come la luce sul cammino” e gli chiese: se la fede è luce, allora bisogna che tu fai illuminare tutta l’autostrada, perché devo andare da Parigi a Lione. “Non è necessario – rispose l’Arcivescovo – basta che tu prendi un’auto e con i suoi fari illuminerà come una lampada il tratto di strada necessario per procedere. Ciò che è importante è che tu cammini…”». Così hai fatto, caro don Paolo, in questi due anni scrutando i segni di miglioramento e condividendo quelli che annunciavano i peggioramenti nella tua malattia.

Tu sei il primo sacerdote sotto i cinquant’anni che il Signore ha chiamato a sé da quando sono vescovo di Novara. E’ come se mi fosse morto un figlio, anzi un fratello più giovane che era un’anima bella e limpida, generosa e tenera. Ricordo quando hai dovuto prendere la responsabilità della parrocchia di Momo con una successione non facile e piena di ferite. Ricordo la tua premura di tenermi sempre informato. Ricordo la pazienza di ricostruire la trama lacerata della comunità e il tessuto violato delle coscienze che si confidavano con te. E appena hai incominciato a vedere la luce, si è presentata la mano forte della malattia terribile che ti ha portato via anzitempo.

Piango con le comunità di Caltignaga, Romagnano, Cavallirio, e soprattutto Momo, che hai servito con la trasparente bellezza del tuo giovane entusiasmo e che hanno ammirato la tua dedizione; piango con la tua mamma e i tuoi familiari che ti hanno accompagnato con immenso amore in questi ultimi tempi; piango con tutti i tuoi compagni che ti erano fratelli e amici; piango con il Presbiterio e la Diocesi che si sentono privati di un fratello promettente. Piange il cuore paterno del Vescovo, che per la prima volta sente tutta la bellezza e lo strazio di cosa significa essere chiamato “padre”.

Ti abbraccio nella preghiera di suffragio, ti ricorderò sempre nel memento della Messa, come il primo prete caduto sulla breccia del ministero sacerdotale. Eri un sacerdote giovane, sei stato, anzi sei ancora per noi, un prete-prete.

+Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara

Andrea Gilardoni: