Coronavirus, sperimentazione Avigan anche in Piemonte

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Dopo la diffusione virale di un video su Facebook e l’annuncio del presidente della Regione Veneto Zaia sul possibile avvio in Italia della sperimentazione sull’Avigan, anche la Direzione Sanità del Piemonte ha invitato le Aziende sanitarie della regione a manifestare la loro disponibilità ad aderire allo studio clinico  del farmaco secondo le indicazioni che AIFA fornirà domani.

La decisione, fanno sapere dalla Regione, è volta a favorire il coordinamento delle attività e il dialogo con le autorità nazionali.

Ma che cos’è Avigan? «Avigan – spiega Pietro Luigi Garavelli, direttore della Struttura complessa di Malattie Infettive dell’AOU di Novara – è un farmaco a base di favipiravir, un antivirale impiegato prevalentemente in Oriente per il trattamento dell’influenza e in Africa Occidentale nella grande epidemia di Ebola del 2013-2016. In Covid-19, come tutti gli altri prodotti attualmente utilizzati, pare funzionare nelle fasi iniziali»

Il medicinale, ha chiarito Aifa in una nota, non è autorizzato né in Europa, né negli Usa e, a oggi, non esistono studi clinici pubblicati relativi alla sua efficacia/sicurezza nel trattamento della malattia da Covid-19. Sebbene i dati disponibili sembrino suggerire una potenziale attività del farmaco giapponese sulla velocità di scomparsa del virus dal sangue e su alcuni aspetti radiologici, mancano dati sulla reale efficacia nell’uso clinico e sulla evoluzione della malattia. Tra le limitazioni evidenziate da AIFA il fatto che «la relazione tra titolo virale e prognosi clinica non è stata ben chiarita» e «non trattandosi di uno studio clinico controllato, ci potrebbero essere distorsioni di selezione nel reclutamento dei pazienti».

Nella seduta di domani  la Commissione tecnico-scientifica di AIFA rivaluterà le evidenze disponibili per il medicinale favipiravir e si esprimerà in merito all’avvio in Italia di uno studio clinico.

«Al momento – puntualizza Garavelli – al Maggiore disponiamo di tutte le opzioni farmacologiche oggi utilizzabili. I nostri pazienti sono trattati con la combinazione lopinavir/ritonavir, antivirali impiegati a lungo nella terapia dell’Aids, e con il remdesivir, antivirale impiegato per contrastare il virus di Ebola e Marburg che si era dimostrato attivo anche nei confronti dei virus Sars e Mers, della stessa famiglia del Covid-19».

Ma la conferma più recente riguarda un antimalarico, l’idrossiclorochina (nome commerciale Plaquenil) “sdoganata” addirittura dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

«Plaquenil e Avigan – conclude Garavelli – sono farmaci che hanno meccanismi d’azione diversi sulla replicazione virale ma analoga filosofia: intervengono precocemente nell’infezione, bloccandola negli alti compartimenti, in modo che non si approfondi dando origine a patologie di tipo polmonitico per le quali le molecole hanno dimostrato minore efficacia. Avendo a disposizione entrambi farmaci, fatta salva la non interferenza, potrebbe essere interessante impiegarli in associazione. Ma la partita si gioca contro il tempo: Plaquenil sta già scarseggiando e bisognerà trovare il modo di produrlo o procurarlo all’estero».