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Una figura geometrica che si costruisce lato per lato, un’immagine che racchiude al suo interno il cuore pulsante dell’atteggiamento di una vita cristiana: la speranza viva alimentata dalla fede nel Risorto. È il Quadrato della speranza, l’immagine che il vescovo Franco Giulio Brambilla ha disegnato ieri sera a Boca, parlando ai giovani che da tutta la diocesi erano arrivati al Santuario per vivere insieme la Veglia delle Palme 2019, l’appuntamento diocesano della Gmg. (Qui il testo integrale con le sue parole)

L’incontro, in programma nella città di Omegna e trasferito a causa delle avverse condizioni meteo, si era aperto nel pomeriggio con uno spazio per l’Adorazione – curato dal gruppo Luce nella Notte – e con una tavola rotonda sul tema “Cercatori di felicità”, con ospiti il gesuita missionario in Cina (e originario di Borgomanero) Emilio Zanetti e l’atleta paralimpico Daniele Cassioli. A fare da volontari, tanti scout e ragazzi dell’oratorio di Omegna. La celebrazione – guidata dal direttore della pstorale giovanile don Marco Masoni con le letture di Elena Valli e Michele Bazaretti – è stata ritmata da segni e testimonianze: la performance del mimo Marco Migliavacca – con una grande mongolfiera, simbolo dei sogni dei giovani – e l’intervento della giovane coppia di sposi Matteo e Francesca Della Vecchia.

«La parola “speranza” non è originale della lingua cristiana, appartiene al linguaggio umano di ogni tempo. Ma oggi sembra essere afflitta da diverse patologie. – ha detto il vescovo –  Nel tempo della società gassosa che ci spinge a cercare risposte e gratifiche nell’immediato, l’attesa del futuro esige di correggere le malattie della speranza e di mettere in luce i germogli positivi presenti nelle esperienze della vita attuale. Come fare per essere testimoni di speranza tutti i giorni? Per rispondere a questa domanda, vorrei proporvi una riflessione in quattro passi, che sono come i quattro lati di un quadrato. Il quadrato della speranza!».

Il primo di questi lati è l’atteggiamento di fondo, lo stato di speranza che riguarda tutti gli uomini: «Io spero». Atteggiamento che poi si costruisce in forme pratiche dello sperare «Io spero che»: l’esito di un esame a scuola, il risultato di un lavoro, la possibilità di avere tempo per gli amici.

Ma la speranza, come la mongolfirera presente sull’altare a Boca, apre anche a una dimensione verticale che nasce proprio dalla tensione tra l’«io spero» e l’«io spero che». E’ l’«io spero in» che per i cristiani diventa «io spero in Te…»: la fede in Cristo Risoro.

Ma questa speranza cristiana è viva e vitale solo se è vissuta insieme: Perché, vedete, lo slancio della speranza viva nasce da voi stessi, ma non si ferma lì: è per tutti, per tutti noi», ha detto il vescovo.