Appello dal Congo: «Fermate le stragi»

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Chiara Castellani nella missione di Kimbau, nella Repubblica democratica del Congo (Foto di Andrea Trivero)
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Di Chiara Castellani
medico missionario dal 1992 a Kimbau
autrice di “Savana on the road” (Paoline 2017)

La Messa è finita «ma voi non ve ne andrete in pace». Due mesi fa, domenica 21 gennaio, il presidente congolese Joseph Kabila che da due anni rifiuta di dare le dimissioni dopo la fine del suo secondo mandato, ha dato ordine alle Forze dell’ordine e all’esercito congolese di aprire il fuoco contro i manifestanti pacifici cattolici e protestanti, che all’uscita dalle chiese esibivano rosari e crocifissi in segno di protesta non violenta promossa dalla Chiesa cattolica insieme al Consiglio ecumenico delle Chiese. Almeno sei persone sono state uccise e 57 ferite, molte in modo grave.

Perché questa ennesima strage di cristiani? Non può bastare la condanna internazionale del regime di Kabila. «Kabila deve dimettersi subito per dare l’opportunità a qualcun altro di governare» è il grido comune dei cristiani congolesi di tutte le confessioni religiose, grado di istruzione, classe sociale (ma il 70% della popolazione vive sotto la soglia di povertà). E’ il grido del mio infermiere Ibanda, della mia sentinella Jéremie, del parroco di Kimbau e di quello di Manzasay, del Pastore di Moanza e di quello di Kindi.

Kabila dégage! Togliti di torno. La Chiesa cattolica sta divenendo sempre di più la lampada accesa, il punto focale per guidare l’opposizione contro Kabila. Questo mentre la supposta opposizione politica resta debole e frammentata, soprattutto dopo la morte dello storico leader Etienne Tshisekedi.

La tensione fra il governo e l’opposizione al regime Kabila sta crescendo di giorno in giorno. Il commissario di polizia per Kinshasa city, General Sylvano Kasongo Kitenge, aveva messo in guardia i partecipanti alla veglia di protesta : «nessun tentativo di turbare l’ordine pubblico sarà tollerato».

A Kinshasa e altrove, circondati dalla polizia, si sono riversati in strada verso Notre Dame dove era stata convocata la marcia di protesta. «La Messa è finita, il prete deve andarsene a casa e chiunque deve tornare a casa sua. Se rifiutate, useremo la forza e spareremo gas lacrimogeni» ha detto il capo della polizia.

La Chiesa cattolica è ormai emersa come lo zoccolo duro nell’opposizione del popolo congolese contro Kabila. I vescovi congolesi, sotto la guida dell’anziano e combattivo cardinale Laurent Mosengwo e dello stesso papa Francesco, hanno condannato il governo Kabila per questa repressione durissima dei dimostranti pro-democrazia, per come il Paese è stato trasformato in una immensa prigione.
«Siamo stati dispersi non solo dai gas lacrimogeni, ma anche da granate e proiettili, abbiamo di nuovo visto morti, feriti, preti che venivano arrestati e la violazione della proprietà privata» ha dichiarato il cardinale Monsengwo.
«E’ stato impedito ai cristiani di venire a pregare. Chi cercava di entrare in chiesa è stato sequestrato dai militari: questi ultimi erano armati come se fossero stati su un campo di battaglia» ha raccontato il cardinale.
«Come potete aver sparato su uomini, donne, bambini, giovani e anziani che stavano solo intonando canti religiosi, in mano Bibbie, rosari e crocifissi? Stiamo dunque vivendo in una prigione a cielo aperto?».
«Che i mediocri si tolgano di torno» (Que les mediocres dégagent) è stata la conclusione del cardinale, riecheggiata in tutto il Paese.